Si riparte, ormai da qualche giorno preso dalla programmazione delle attività lavorative. Avevo il piacere di incominciare questo nuovo anno con un post che ricordasse il mare e la serenità della campagna. Durante le vacanze ho avuto modo di scrivere un pochino, nulla di tecnico, assolutamente per divertimento, alcuni brevissimi pensieri su ciò che stavo vivendo. Tutto è stato pubblicato su Facebook un po’ per divertire me ed un po’ per divertire gli amici, spero di esserci riuscito. Nessuna pretesa, non sono uno scrittore, ma avevo il piacere di conservare questa mini serie sul blog, 10 puntate dal titolo: Cronache dalla spiaggia.
Da subito perdonate refusi di ogni tipo 🙂
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 1
Mi trovo sull’autostrada del sole, attualmente in Umbria, cambio guida con la moglie, ora sono il copilota, direzione Marina di Camerota, in campeggio. La partenza questa notte incomincia con una sorpresa, l’amico cognato ci rende super felici consegnando a me mia sorella e mio figlio i diplomi di apnea. Osservo incredulo la tessera riflettendo sull’esperienza di un intero anno di corso: apnea – skin diver. L’apnea è pace, armonia, divertimento e consapevolezza del momento che si vive, tutto nel medesimo istante. Un grazie ai miei istruttori dello SFIT-Torino FIAS. Ed ora pratica, con prudenza e sicurezza al mare.
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 2
Le soste all’autogrill possono essere molto pericolose, soprattutto per denti e pancia. Questi luoghi sono progettati per solleticare le nostre “debolezze” e la necessità di utilizzare la toilette si trasforma in una spesa certa. Solo all’autogrill riesco ad acquistare 5 pacchetti di Brooklyn alla cannella (unico posto in cui riesco a trovarle) e rendere un viaggio di 1000 km una ginnastica per mandibole, ma per questi nuovi 1000 km sono caduto in una tentazione più che infantile, una maxi confezione di Fruit Joy da 125 g… Il rischio che la muta non mi entri più è elevato 🙂
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 3
Questa sarà una puntata breve nata ieri tra bagnasciuga e la sdraio, con il sapore del sale in bocca. Un mix di armonia tra il moto ondoso e il dialetto campano. È un piacere chiacchierare con le persone del luogo, esercito le lingue :-) nel mio primitivo “calitrano” un napoletano più dolce (non si offendano i partenopei). La cortesia è un bene diffuso soprattutto in questo luogo, la gentilezza non gratuita è il preludio alla compravendita ma anche al semplice saluto, il tutto si conclude sempre con il sorriso che esprime felicità di vivere e credo, ma è una sensazione dello scrivente, l’inutilità nel dannarsi per ciò che è stato… insomma si potrebbe riassumere con: “vir u mare quant’è bell”
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 5
Questa piccola storiella voglio intitolarla “evoluzione” una storia semplice che mi fa riflettere sul mio personale cambiamento. Tutto ebbe inizio 47 anni fa quando in un lontano ospedale del Sud America nacqui e portai con me un piccolo difetto, che in un luogo di mare può essere visto anche come un gran peccato: ho sempre odiato l’odoro del pesce, di mare e di fiume, per non parlare dei molluschi che ho sempre considerato esseri pervenuti da altri mondi, quindi mangiarli è sempre stato impossibile. Lo sanno bene i miei amici e con un pizzico di vergogna vi confido che son l’unico della famiglia, ma anche dei parenti fino al 4′ grado che non mangia esseri di mare, certo è, per uno che tenta di andar sott’acqua al mare può sembrare assurdo, ma mica devo mangiare tutto ciò che vedo?
Come insegnate non ne esco bene, per insegnare bisogna aver coraggio di sperimentare e siccome mangiare è anche apprendimento allora qualcosa bisogna fare.
In diverse periodi della vita ho trovato persone che hanno indirizzato in positivo le mie scelte e proprio lunedì ho trovato un nuovo guru, un ristoratore che con la sua stazza e la sua simpatia esprime creanza e sapienza culinaria, Amedeo del ristorante pizzeria S. Anna (Marina di Camerota). Entrati ci accoglie come persone di famiglia e ci propone ogni “bontà” (per gli altri) di mare e dopo 10 minuti di poetica presentazione del menù tutti mi guardano e sorridono ed io con falsa indifferenza dico: “per me una magnifica paranza”, stupore della famiglia, ed io: “mi dispiaceva offenderlo, l’enfasi e la passione nel presentare il menù non merita la mia ignoranza”… Incredulità generale.
Come ho affrontato la prova, inizialmente in apnea :-) e poi pian pianino ad occhi chiusi ho incominciato a respirare, una poesia di sapori sulla mia lingua, usando solo le mani pulivo il pesce e assaporavo. L’accompagnamento di un buon vino, un Gragnano frizzante, accentuava i sapori. La prova pratica si è conclusa con diversi assaggi tra cui il più interessante: gnocchetti ai gamberi, l’esame finale è stato l’assaggio di cozze al pomodoro… difficile superare i miei infantili pregiudizi, ma sono riuscito! Cosa succederà ora? Un morsettino alla volta alla scoperta di nuovi universi di sapori la dove ogni goloso non è mai giunto prima. Ma in realtà perché tutte queste parole per dire: “ho imparato a mangiare il pesce!” In realtà la vera soddisfazione è la percezione del momento, l’istante in cui avviene il cambiamento, anche se piccolo, sicuramente di crescita, che diventa una carezza all’io e che mi riconferma che la crescita avviene un po’ alla volta per piccoli passi e ad ogni età vivendo l’istante… cavolo! Mi sto trasformando in uno yogico :-) no! no! neuroni scottati dal sole… sarà meglio che vada a fare un tuffo.
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 6
Da alcune fotografie realizzate, elaborazioni personali per ricordare le sensazioni di una giornata vissuta in luoghi suggestivi tra passato e presente (Paestum e Castellabate)
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 7
Non più spiaggia, ma campagna in Campania, ma visto che il percorso di micronarrazione è nato con questo titolo la regia ha deciso di andar avanti così.
Oggi tracce di storia, oggetti e gesti che ricordano un passato più “lento” in cui ho intravisto armonia di gesti di mani rugose ed esperte su cui sono registrate come su un disco di vinile un passato di saggezza contadina e tanta fatica per poi passare alla riscoperta di una tecnologia passata da parte di mia figlia che con fatica usa il disco combinatore del vecchio telefono della nonna ancora perfettamente funzionante (età del telefono: 40 anni) ed una balcone, che sembra quasi un porta temporale, un balzo a 33 anni fa quando il terremoto dell’Irpinia distrusse queste zone.
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 8
Posologia per l’assorbimento di queste quattro parole: con calma e con un pizzico di rabbia in corpo.
Negli scorsi giorni, per risolvere alcune faccende familiari, mi trovavo a Bonito, un piccolo e tranquillissimo paese in provincia di Avellino, immerso in belle colline di vigneti (15 minuti dall’uscita di Grottaminarda sull’A16) e nel fare due passi per il paese ho avuto la fortuna di realizzare le due fotografie che potete vede in allegato. Diversi angoli del paese sono stati utilizzati per realizzare dei murales, alcuni molto belli che riassumono in modo magnifico, secondo me, il “carattere” italiano. La descrizione ovviamente non vuole essere denigratoria nei confronti di Bonito, ma i disegni e la struttura urbanistica mi hanno ricordato il quotidiano vivere italiano. Se per un momento non pensate ad un singolo paese ma all’intera nazione il gioco mentale riesce meglio. Si entra nel paese attraversando colline verdi, tra vigneti e frutteti, la statale giunge e termina nel paese e già questo secondo me, forse con una visione un po’ contorta, viene visto come una crescita interrotta, un non proseguire. Le abitazioni si sviluppano sui lati della strada che proseguendo diventa un selciato. Il paese incomincia con un cimitero e di fronte un campo di calcio, proseguendo trovate una prima chiesa e successivamente l’Istituto Comprensivo “L.V. Cassitto”, che dalle targhe esposte e dall’aspetto è sicuramente scuola molto attiva, i primi murales sulla scuola, su una grande parete non potete non leggere il bellissimo articolo 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” quasi a dover ribadire ed insegnare, qualcosa che dovrebbe essere già chiara da tempo… dimenticavo, per giungere in questo luogo ho attraversato un paesaggio, dall’urbanistica stravagante fatta di case incompiute e capannoni costruite in prossimità di costruzioni antiche. Camminando incontrate macelleria, farmacia, un’altra chiesa, bar, ancora bar, ancora bar, una croce, un mulino, una stupenda casa incompiuta dove un geniale artista indica con due braccia un cartello: “torno subito” il caso ha voluto che proprio dove era presente il divieto di sosta, difronte al monumento del degrado, era parcheggiata un’automobile. Quindi la mia mente cosa vede? Perenne stato provvisorio, nessun progetto concluso e la scritta la traduco come assenza di istituzioni e l’auto (il cittadino italiano) davanti al divieto, il non rispetto delle regole, auto parcheggiata su una strada che non continuerà mai. Purtroppo non si vede nella foto una porta grigia che si confonde con il grigio del cemento su cui è scritto: “bussare per entrare”…se bussi alla porte giuste trovi la soluzione. Il camminamento sul corso principale, su un marciapiede che diventa sempre più stretto, inciampando su gradini ad altezze diverse posti in posizioni insensate, un calvario per il cittadino che vuole semplicemente andare avanti. Si lo so, sono il solito polemico, ma il “non senso” va da nord a sud. Non posso non dimenticare ciò che qualche settimana fa mi capitò in visita agli scavi archeologici di Paestum, un ragazzino saltava su un piccolo arco antico, i genitori sorridendo facevano le fotografie al figlio, preso da un giusto impeto di educazione civica, l’amico cognato urla al ragazzino: “salta! Salta! Che cadi!” La madre risentita per il richiamo “all’educatissimo” pargolo replica: “ma è pazzo!” E noi: “ma le sembra il caso non rispettare questi luoghi?” (In aggiunta l’arco era puntellato, quindi oltre all’ignoranza del genitore anche stupidità fatta persona), ma la madre ormai diventata una leonessa piena di rabbia se ne esce con questa stupenda frase: “ma cosa te ne frega! È solo un sasso! È mica tuo!” Ancora ignoranza abissale ed educazione civica “al di sotto dello zero assoluto”, in coro noi replichiamo: “tutto questo è nostro!”; piccolo dettaglio, l’educatissima signora aveva un pronunciato accento del nord, quindi la stupidità è uniformemente distribuita lungo tutto lo stivale.
Il contesto purtroppo favorisce la presenza di questo animali sociali, infatti negli scavi non ho visto guardiani, pessimo lo stato di mantenimento, per non parlare del museo fatto di teche in cui l’illuminazione è non funzionante o inesistente e punti informativi rotti. Si lo so il solito polemico…. va bè! La pianto di fare l’italiano indignato ormai è un clichè che vediamo ogni giorno in tv e leggiamo sui giornali e sta diventando normale come parlare del tempo capriccioso di questa strana estate… All’ombra del nespolo del giardino della suocera incomincio a pensare quando andar a trovare gli amici Paolo, Cristina (spero di riuscire) che ad inizio mese di agosto con la loro bella e numerosa prole (4 bambini) ha deciso per sempre di andare a vivere in Inghilterra.
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 9
Le 10 scuse per giustificare la propria improduttività
Ho sempre pensato che il barbiere ed il barista fossero tra le persone che meglio conoscono l’agire umano, il loro raccontare e il loro porsi nei confronti degli avventori è più simile all’antico filosofo Greco, se poi a questa “fotografia” aggiungiamo un paese bello ed il fatto che mentre ti vengono tagliati i capelli o sorseggi un caffè, si possa scorgere verdi colline e nuvole che corrono nell’azzurro del cielo, si ha proprio la sensazione di vivere all’interno di un film di Salvatores.
Quindi il rilassarsi passa per il ticchettio delle forbici e il sapore di un buon caffè.
Per fare un po’ di pubblicità progresso: Giovanni il barbiere in via Roma a fianco del comune e Mario il barista in piazza della Repubblica (secondo me il miglior caffè del paese).
In questi locali si trovano personaggi di ogni estrazione sociale e da alcuni anni anche qualche straniero, soprattutto inglesi molto gentili e rispettosi di questi luoghi, questo melting pot culturale è il brodo primordiale di tanti miei pensieri.
Tutto inizia con i soliti luoghi comuni: politica corrotta, delinquenza, invidia, gelosie… peccati capitali in genere, la solita solfa, ma nel giro di un paio di caffè escono fuori “le perle”, quelle di vita vissuta.
Se si procede più volte con la terapia del “barbiere e del caffè” si scopre che in realtà tutti questi personaggi stanno curando se stessi, (me compreso) si è tutti alla ricerca di un confronto, di risposte, dopo qualche seduta si scopre una serenità che deriva dallo scambio di pensieri, parlare per stare bene… bè forse è un’esagerazione assimilare l’ozio ad una pratica di terapia di gruppo, ma a me piace rendere significativo il momento, un’azione automatica che deriva da quel solito pensiero, più volte espresso sul mio blog, apprendere il senso delle cose assumendo l’attegiamento del ricercatore scientifico, osservare il palcoscenico degli eventi guardando da un’altro punto di vista… la pianto perché rischio di apparire forzatamente “saputello” dovrei parlarvi dei fatti che ascolto, ma non lo farò soprattutto perché condire quattro pensieri di senso compiuto non è cosa semplice, per ora mi limito a documentare delle sensazioni, in un prossimo futuro, forse, prenderanno corpo storie più profonde.
Questo è il cappello per giungere con un balzo su su al castello o meglio quella che resta del borgo castello ricostruito in parte diversi anni fa, il punto più alto del paese, se il mio GPS su iPhone non mente dovrebbe essere a circa 700 m sul livello del mare. La parte ricostruita può essere visitata, alcuni locali sono adibiti a mostre ed eventi e verso il tramonto può essere un ottimo luogo dove concedersi silenzio ed una stupenda vista a 360° da Monticchio a Capossele a cavallo tra Campania, Puglia e Basilicata e tutt’intorno piccoli paesi tra boschi, vigneti e il giallo dei campi di grano appena mietuti.
Ora vi aspetterete che da tutto ciò ne tragga un pensierino carino, assolutamente no! Oggi solo cose seriose nate da alcuni appunti scritti questo inverno.
Il Borgo Castello fa da cappello ad una zona fatta di ruderi del terremoto dell’Irpinia ed il tutto rende il luogo per certi versi un po’ malinconico ed un po’ magico, identifico questo borgo come lo sforzo di molti nel ricordare la bellezza di queste zone, mentre i ruderi sono lo sforzo di altri nel distruggere e nel non favorire il cambiamento, non parlo nello specifico di questo paese, in generale mi riferisco a quel lamento espresso qualche scarabocchio fa, all’italico comportamento riassunto in modo esemplare da Dante: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, Nave senza nocchiero in gran tempesta, Non donna di provincia, ma bordello!” (Dante, Purgatorio, canto VI).
Mi siedo su un sasso con il sole del tramonto che mi accarezza il viso e metto mani agli appunti scritti su Evernote qualche mese fa, durante la passeggiata quotidiana che mi porta ogni giorno a lavoro, sfoglio e ritrovo la bozza di un post dal titolo: “Le 10 scuse per giustificare la propria improduttività”, articolo nato come divertimento nell’osservazione e nelle chicchere di quel fantastico acquario che è la sala insegnanti. Doveva essere un post da inserire come FAQ sul blog, ma un po’ per pigrizia un po’ per pochezza di pensieri espressi non l’ho pubblicato, in questo periodo però il grado di incoscienza è elevato e quindi click
L’improduttività e l’inefficienza, per me che vivo gran parte del tempo a scuola è male diffuso sia tra i dipendenti che tra gli allievi, la suddivisione dei compiti come delle responsabilità è sempre cosa molto incerta, ma ovviamente non dico nulla di nuovo, credo che l’inefficienza sia uniformemente diffusa in tutto lo “stivale”. Nella scuola sostanzialmente possono essere identificate due tipologie di dipendenti/allievi quelle produttive e quelle improduttive. Possono essere velocemente identificate durante l’emergenza lavorativa o quando il “sapiens” commette un errore:
le persone produttive quando commettono errori non trovano scuse;
le improduttive hanno scuse per ogni cosa sia per fare che per non fare;
Una metodologia per l’identificazione del “fagnano” è quella nota della: “macchinetta del caffè” una metodologia basata sull’ascolto e l’analisi lessicale dell’essere umano davanti alla macchinetta del caffè si valuta l’enfasi e la frequenza con cui all’interno della frase viene espresso il vanto personale e le maldicenze prodotte nell’unità di tempo, in modo divertente ho coniato il termine matematico “GIG” acronimo che significa: Gradiente di Ipocrisia e Gossip.
E’ un dato di fatto che le persone improduttive trovano scuse per ogni cosa, ma quali sono le scuse più popolari? Quelle che servono per evitare un compito o ancora quelle che giustificano il basso guadagno?
Di seguito le 10 scuse più comuni.
La lista è provvisoria, ma certamente un buon punto di partenza, per compiere semplici studi di antropologia moderna da quattro soldi
1. “Non sono pagato abbastanza”
per gli studenti potrebbe essere: “mi danno sempre voti bassi, i miei docenti non mi capiscono”.
Tutti ci lamentiamo per la busta paga è inevitabile, molto spesso con ragione (scatti di anzianità bloccati, nessuna progressione di carriera, ecc…), ma gli “hominem ineptum” (latino maccheronico inventato sul momento), usano la scusa con frequenza elevate, vi diranno che nessuno li considera, che le loro idee non sono mai prese in dovuta considerazione e tutto ciò è motivo sufficiente per non lavorare.
2. Procastinare: “Lo farò più tardi”
Saper procrastinare è un pregio, procastinare sempre è un difetto.
Noterete che “l’hominem ineptum” ha come abitudine quella di procastinare, molto spesso perché non sa svolgere il compito, ma soprattutto perché per lui l’umiltà è azione sconosciuta, non chiede aiuto, quindi potrete rilevare in questi particolari ominidi un grave deficit nel gestire le relazioni di gruppo.
Il procastinare in modo indiscriminato porterà ad un eccessivo lavoro, magari nelle ore notture, un’affaticamento eccessivo e quindi ad un inevitabilmente risultato scadente.
La stanchezza e l’ansia saranno tradotti nella più tipica delle frasi: “come sempre faccio tutto io”
3. “Non è il lavoro fatto per me, non rispecchia il mio profilo professionale”
Questa è sicuramente la scusa più antica, nel momento in cui è richiesto uno sforzo in più, tempo aggiuntivo, risolvere un nuovo problema. In generale tutto ciò che va fuori dalla propria zona di comfort (meglio nota come “zona del pigro”) diventa immediatamente qualcosa che è fuori dal proprio profilo professionale.
4. “Cosa posso guadagnarci?”
Nel momento in cui viene chiesto di fare un lavoro, il pensiero immediato è: “cosa ci guadagno?” Se non vedranno un guadagno troveranno ogni scusa per non eseguire il compito o addirittura riusciranno a far naufragare un progetto promettente.
5. Paura di fallire – “Sei sicuro che posso completare questo lavoro?”
La paura del fallimento ossessiona tutti, ma molto spesso viene usata come scusa per non fare. L’improduttivo si giustificherà affermando che non è sufficientemente qualificato, non ha le competenze, per eseguire il compito e che un suo coinvolgimento potrebbe causare l’intero fallimento del progetto: “meglio assegnarlo ad un altro…”
6. “Mi sono dimenticato”
La scusa più stupida da quando esiste l’essere umano sulla Terra! Ormai neanche più i miei studenti usano questa scusa, in realtà l’adulto che usa questa frase vuole affermare che il compito assegnato non meritava la sua attenzione ed azione.
7. “Non so come fare”
Vi diranno che non hanno le competenze e che non sono incluse nel curriculum, o che non sono addestrati, o che è colpa di altri se non sanno, si rifiutano categoricamente di tentare. E se la realtà è che non hanno le competenze per eseguire un determinato compito non esprimeranno nessuna volontà di imparare o chiedere l’aiuto di altri, per loro è meglio la staticità.
8 “C’era un’emergenza”
Per chi è insegnante da tempo questa frase, è un “intramontabile”: lo studente si giustifica dicendo che non poteva fare i compiti perché qualcuno stava male, perché doveva andare da qualche parte ecc… Questa giustificazione viene usata anche in età adulta, quindi nel momento in cui bisogna eseguire un nuovo lavoro salta fuori l’emergenza familiare: parente ammalato, visita medica, ecc…
9. “Ho guadagnato a far nulla”
L’improduttivo abuserà della frase: “ci guadagni di più se non fai nulla”, vivono continuamente in uno stato di falsa euforia nel dichiarare la loro capacità di “non fare”
10. “ero malato”
Potrebbe rientrare nel punto 8, ma è così frequente giustificare la propria improduttività con la malattia (non giustificata) propria o di un familiare che ho voluto distinguerla da tutti i precedenti punti.
… mi fermo al punto 10 perché incomincia a soffiare vento fresco il sole è ormai giù.
Cronache dalla spiaggia – puntata n. 10
Viaggio di rientro a Torino, si risale dalla A14 giornata bella cielo e mare azzurro. Sosta ad Ancona, la moglie ora al volante ed io copilota, come di consueto piccola seduta di autoanalisi scrivendo due righe.
Metto ordine tra i pensieri scritti alla rinfusa negli scorsi giorni.
Nell’ultima settimana non sono riuscito a pagarmi un caffè da Mario, trovi sempre qualcuno che ti offre sia in presenza che per lasciato detto al barista; i meno avvezzi alle buone maniere potrebbero pensare che io sia affetto dal morbo dello scroccone, ma vi assicuro che qui da noi, nel Regno delle due Sicilie e segno di gentilezza e cortesia. Sono al fresco degli alberi in piazza della repubblica in attesa dei
Nonni (i miei genitori). Mi sento in overdose di tranquillità, quella giusta che ti permette di riflettere e non sentirsi in colpa se si gode di una passeggiate o del buon cibo, alcune volte i cattivi pensieri arrivano e la tentazione di far indossare il cilicio al mio IO è forte, una voce profonda si intromette nelle mie giornate meditative: “pensaaaa alle coseee necessarieeee”, la cosa buffa è poi scoprire nella mia azione da falegname dei pensieri (farsi “seghe” mentali… perdonate lo slang) che le cose “necessarieeee” sono quelle degli altri, quindi precedenza assoluta ai propri pensieri, se slow e monotask meglio, il multitasking di pensiero, soprattutto in vacanza, se non lo si sa praticare, genera stati di ansia. Mentre scrivo ed attendo, arrivo Vinicio (Capossele, il cantante, che a me piace definire “il brigante”) si siede sulla panchina di fianco alla mia con alcuni anziani, due battute “grasse” e quattro risate…
In lontananza tre signorine due ventenni ed una più cresciutelle, sui 50 con falsa timidezza costruiscono un percorso assolutamente incoerente, quasi a voler rendere casuale l’incontro con l’artista, giungono alla panchina dove siede il barbuto cantante, frasi di circostanza capo leggermente inclinato sulla sinistra e sorriso, un fraseggio vezzeggiato ed ovvia richiesta di fotografie, dopo qualche minuto si allontanano osservando l’ambito trofeo sul proprio smartphone… sorrido per la loro euforia da personaggio famoso e poi penso: “ma fesso che non sei altro! Non eri tu quello che sognava l’autografo da Steve Jobs e guardava i suoi keynote come un bambino davanti alla cioccolata?” mannaggia a me, “mente scatola delle sorprese e distribuzione di deiezioni” (non ricordo quale scrittore, ma cade a pennello in questa seduta di auto psicanalisi).
I nonni sono arrivati, saluto i famosi e i non famosi. Direzione: la città del silenzio… dai più conosciuto come: campo santo, altro luogo di “cura” per i vivi… A cosa servono altrimenti? Ogni volta che vi entro mi viene in mente la parola: “uguaglianza” che forse potrebbe essere esposta come insegna all’ingresso, su una lapide farei incidere alcune frasi della Livella di Totò, mi riferisco al discorso tra i defunti: il Marchese e il Netturbino, credo che potrebbe essere utile a chi, me compreso, si fa carico di ansie indotte e amplificate da altri viventi. Nel momento in cui si è con chi ha sperimentato praticamente la mortalità forse si riesce meglio a valutare scelte ed azioni… apprendimento al cimitero… deformazione professionale 🙂
Interessante osservare le fotografie dei defunti tra metà ‘800 e inizio ‘900, nessuno sorride, bè forse come persone che furono non va bene (felicità al cimitero? Poco occidentale). Notai la stessa cosa durante una recente mostra fotografica sulle genti di questi luoghi, che siano matrimoni, feste comandate, ritratti di famiglia, tutti seri! Non si sorride… forse il motivo è più pratico che psicologico: denti cariati, o mancanti 🙂 oppure banalmente l’atteggiamento serio e marziale dava forse più senso di auotorevolezza.
Le frasi in un italiano antico sulle lapidi sono piene si stupendi orpelli grammaticali, soprattutto quelle dell’800. Probabilmente il mio avvicinarmi al mezzo secolo di età mi porta a queste osservazioni. Il problema è che incomincio ad avere altre avvisaglie di crisi di mezz’età una fra tante l’inrefrenabile voglia di farsi il giro d’Italia su una vespa 150 di 30 anni fa rimessa a nuovo. Capita ormai da un po’ di tempo quando per cortesia e per necessità vado da quel diavolo instigatore, Tony, amico di famiglia e bravo meccanico, un appassionato di vespe (le moto) ed anche concessionario Piaggio. Riesce a rendere vecchie carcasse arrugginite e abbandonate in veri capolavori. Quindi, passo 1 ordino un restauro, passo 2 l’anno successivo, con partenza da Calitri incomincia il giro d’Italia, traghetto da Napoli a Palermo e da li partenza per risalire fino a Torino. Perché lo dovrei fare? Ho sempre desiderato un vespone! Si lo so giocattoli desiderati, ricerca di una giovinezza passata… potrebbe essere, ma con spirito sereno mi rispondo: chi se ne frega! Che Vespa sia! Nella passeggiata si rientro verso casa noto un gruppo di anziane persone che con animosità legge e discute difronte all’enorme pannello su cui sono affissi una grade quantità di necrologi, tutti con foto, incredibile! Facebook è sempre esistito! 🙂 manca solo il pulsante “mi piace”. Ma di cosa parlano difronte a questo primordiale social network? Malanni e interventi subiti, una gara all’ultimo acciacco fisico… Viene da toccarsi… mamma mia se aveva ragione Seneca: “ogni uomo pensa di portare il fardello più grande”.
L’ultima settimana di vacanze è trascorsa partecipando al palio ed io per adozione appartengo al rione Savuc’ , per chi non ha studiato le lingue in calitrano vuol dire sambuco (l’albero di…) contraddistinto dal colore verde. Un gran numero di gare per ogni età, dall’atletica, a giochi di cultura generale, il tutto per una maratona che dura una settimana, una tradizione che si ripete da ormai da 19 anni e quest’anno siamo arrivati 3′ su 5 rioni, non male. Il divertimento più grande: la goliardia, la sana polemica con gli organizzatori, che come ogni anno cambiano regole all’ultimo momento e in alcune occasioni con sospetti favoritismi… ho ancora il dente avvelenato 😉
Nottate a risolvere quiz, correre per il paese alla ricerca di simboli nascosti.
Rispondo agli amici che mi hanno scritto chiedendomi: “ci saranno altre cronache dalla spiaggia?” Che dire… credo che con la giusta dose di spensieratezza e auto ironia potranno continuare. Un abbraccio a tutti.