Archivi categoria: i miei allievi

I genitori che insegnano ai propri figli a programmare

E’ fantastico come i figli, ma anche gli allievi ti diano motivo di studio e spesso questa azione giustificata da un deficit dovuto ad una carenza del nostro sistema scuolache va ad una velocit certamente inferiore a quanto svolto in altri stati europei. E’ interessante ad esempio come “l’onda del coding” in Italia sia giunto circa una paio di anni dopo agli Stati Uniti e all’Inghilterra, ora il motto : “W la programmazione” 🙂 basta pensare ad esempio a quello che sta succedendo con micro::bit(che avr la fortuna di usare nelle prossime settimane)nella scuola inglese cosa credo “fantascientifica” da noi,ma in ogni caso nulla di male, l’importante agire per i nostri allievi e cercare sistemi di innovazione didattica che possano pi agevolmente inserirlinel mondo del lavoro.Come genitore spessissimo cerco di “raffinare” quanto gi svolto dai miei figli a scuolee come ogni genitori cerco di aggiungere elementi, a mio avviso essenziali,che per carenze “strutturali”non vengono svolte a scuola.
Mi capita molto spessodi confrontarmi con amici genitori che chiedono i consigli pi disparati:il migliorIstituto in cui iscrivere il figlio, il miglior indirizzo di studio o ancora lamentele o elogi sul tal collega o su un metodo didattico, insommami sento un po’ il parafulmine della situazione e caricato di responsabilit in quantoparliamo del futuro di bambini e ragazzi, ma in ogni caso anche se faticoso, il confronto utile e permette di migliorarti, bello poi quando ricevi mail come quella di Francesco Lacchia, che con il suo contributo attivo cerca di donare ai propri figli, ma anche ad altri qualcosa di pi.

Questa la sua e-mail in merito all’articolo Insegnare ai bambini a programmare:

Mi sto documentando per insegnare un po’ di programmazione ai miei bambini (8-10 anni).

In merito al tuo articolo in oggetto, ho tradotto l’info-grafica in allegato. Se vuoi inserirla nel tuo articolo per chi non ha dimestichezza con l’inglese… e forse proprio chi avrebbe bisogno di essere edotto su questi temi, spesso anche a digiuno di inglese.

Purtroppo vedo che anche molto del materiale interattivo che si trova on-line arriva da oltreoceano e non ha versioni in italiano. Questo un po’ un limite per i bambini italiani. Infatti mi piacerebbe creare un sito per insegnare questi temi ai bambini… ma solo un’idea embrionale… si vedr. Intanto quest’estate metter sotto Sara e Andro come cavie 🙂

Ciao e grazie per tutto il tuo materiale, le idee che fornisci ed induci!

Francesco

Un sincero grazie a Francesco.

Questa l’infografica (un click sull’immagine sul linko sull’immagine per aprire la versione completa).

insegnare-ai-bambini-a-programmare-small

Hackerare le proprie stampelle ti cambiano la visione del prossimo, anche su come intendere la didattica

05-tripod_for_crutches

La frase di rito: “mi dispiace per il tuo incidente, devi avere tanta pazienza”
come se la pazienza fosse un medicinale che basta ingerire per far passare ogni “incaz..” arrabbiatura 🙂
Certamente come insegnante esercitarsi nell’arte della pazienza, se condita con qualche pratica di meditazione impartita dalla moglie “jogica”, può servire in questa mia situazione di disabilità temporanea e credo che certamente migliorerà il rapporto e la gestione delle classi che rivedrò a settembre… quindi è il caso di dire che si è sempre in modalità “formazione continua” 🙂
Come insegnante che vive perennemente in laboratorio non mi stancherò mai di dire che qualsiasi insegnamento per essere ben appreso deve passare per un’azione pratica, nel senso fisico del termine… le solite cose che dico da sempre, però non avevo mai riflettuto pienamente sul fatto che la disabilità la si comprende meglio vivendola, sì ritengo che per insegnare le materie “cittadinanza”, “convivenza civile” e tutte quelle cose che potrebbero tradursi in: “rispetta il prossimo” dovrebbero passare anche per laboratori pratici di “disabilità simulata”:

Ragazzi oggi vediamo per un’intera mattinata cosa vuol dire:

non avere una gamba
non avere un braccio
non vedere

come lavarsi con una mano sola
ecc…

questo sicuramente farebbe capire ad un altro essere umano che forse concedere il posto sul bus ad una persona diversamente abile, o aprirgli la porta dovrebbe essere un gesto normale… faccio proprio questi esempi perché li ho vissuti di persona.

Ricordo qualche giorno fa quando fui invitato ad una conferenza presso il Salone del Libro di Torino, per chi conosce il luogo, avrà notato che per giungere alla biglietteria bisogna percorrere un grande piazzale, sottoporsi al controllo della polizia e poi proseguire per l’area accrediti, in questo tragitto breve per i normodotati si nota:

1. nessun ingresso riservato ai disabili o che consentisse un accompagnamento all’interno del salone
2. la pavimentazione sembra, per chi ha le stampelle, fatta proprio per cadere
3. ma la cosa buffa e la porta d’ingresso lato operatori scolastici, chiusa, faccio un cenno ad un responsabile alla biglietteria e mi viene risposto con un gesto che stava a significare “spinga!”, in quel momento avrei voluto invitare il simpatico personaggio a visitare “paesi lontani”, ma la poca pazienza rimasta mi ha permesso di non rovinarmi la giornata, fortunatamente un gentile collega ha aperto per me la porta ed ha lanciato un’occhiata di rabbia al responsabile della biglietteria (persona di circa 45 anni)
4. e poi… ingresso strettissimo e spintoni da persone all’ingresso biglietteria.

però grande rispetto da parte dei bambini delle scuole elementari, simpaticissimo uno di loro guardando il mio tutore disse: “uaooo che figata! Ma hai il super-piedone! Ma è vero?”… vorrei averlo io per fare i super salti! …. grande risata 🙂

Tutto ciò non per lamentarsi dell’organizzazione del salone del Libro di Torino, ma per fare un esempio di come i luoghi delle nostre città siano assolutamente disegnati per persone “normodotate”.

… quindi sì laboratori di disabilità simulata, magari condotti da formatori che vivono quotidianamente la disabilità, questa sarebbe una bella azione didattica, magari organizzata da animatori digitali visionari che fanno usare le stampanti 3D anche per rendere oggetti e luoghi “accessibili”.

Ecco che alcuni lettori a questo punto diranno: “Michele è arrabbiato”,
ma in realtà mica tanto, la cosa che mi infastidisce è il gradiente di indifferenza, molto alto, certamente un indicatore di ignoranza, una cartina al tornasole che, in questo momento di vita “slow” mi permette di vedere con occhi diversi persone e luoghi.

Ecco perché sin da subito ho apprezzato, chi con azioni vere, si sta adoperando per ridisegnare i nostri luoghi e fornirci competenze per migliorare la vita di tutti.

E vaiii con i ringraziamenti:

Agli amici ed i colleghi del CTS di Torino con cui collaboro da diversi anni ed insieme si cerca di fare formazione e dare aiuto con sussidi per la disabilità agli studenti della Provincia di Torino.

A tutti i colleghi per la rete sull’Autismo (CTS del Piemonte) che con grande fatica si stanno adoperando nella creazione di sportelli per scuole e famiglie.

Al Laboratorio Nazionale AsTech (Tecnologie Assistive) del CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica) che ha fatto partire quest’anno la Hackability@PoliTo, in cui gli studenti del primo anno iscritti al corso di “Tecnologie per la Disabilità”, coordinato dal Professor Paolo Prinetto. Azione che ho avuto modo di conoscere grazie agli amici Ludovico Orlando Russo e Giuseppe Airò Farulla.

E poi come non citare “l’illuminato” Enrico Bassi di OpenDot che da sempre è sensibile a tutte le problematiche sulla disabilità e che spesso in passato ha organizzato eventi per sensibilizzare e creare una rete attiva sul tema del supporto alla disabilità.

Non ultimo l’amico gelataio di fiducia, che da ieri ha reso accessibile l’ingresso al suo negozio a me 🙂 (giuro!)

… e poi agli amici colleghi che stanno lavorando con i loro studenti su Hackability

Mentre scrivi questo poche righe sul tuo diario elettronico ti cadono per n-esima volta le stampelle a terra, ti alzi cerchi di farti un caffè e ti cadono le stampelle, vai in bagno per farti la barba e ti cadono le stampelle… sì sono anche io un po’ impedito e forse tutto ciò nasce da un po’ di insofferenza 🙂

L’invito che faccio agli studenti: “hackerate la vostra vita, siano essi pensieri o oggetti, modificatela secondo le vostre necessità non accontentatevi di quanto altri vi propongono”.

Un buon modo che trovo altamente formativo è quello di concedersi un’azione di “hackeraggio” quotidiano, magari scrivendo un tutorial che risolva un problema, basta circa 1 ora di lavoro per semplificarsi la vita.

Questa è la mia cura di oggi:

  1. Andare su Thingiverse
  2. Cercare con la parola chiave: tripod
  3. Sezionare un progetto, io ho selezionato: Raspberry Pi Camera Case and Tripod
    adattarlo alle vostre esigenze con qualsiasi software di modellazione 3D e poiché molti lettori sono giovanissimi studenti ho fatto queste modifiche con Tinkercad
  4. Condividete a tutti il progetto su Tinkercad
  5. Depositate il progetto anche su Thingiverse
  6. Rendete pubblico il progetto su Thingiverse: http://www.thingiverse.com/thing:1587556
  7. Stampate il tripod per le vostre stampelle
  8. Montate il tripod

Tempo di ricerca e modifica 1 ora, per la stampa un po’ di più.
Versione 1.0 ulteriori modifiche nei prossimi giorni.

Ma è così difficile costruire un mouse, una tastiera da computer, una posata fatta su misura per l’allievo con necessità specifiche?

Forza studenti! Hackerate e siate felici 🙂

P.S. Pensierino per alcuni…
Certo è che se ci fosse qualche “laboratorio territoriale per l’occupabilità nell’ambito del PNSD” che si concentrasse proprio su questi aspetti sarebbe utilissimo.

Controlliamo DotBot con Arduino

DotBot

Questo tutorial è la prima bozza di parte delle lezioni di “Alfabeto Arduino con DotBot” per l’apprendimento dell’uso di Arduino mediante lo starter kit open source per l’insegnamento del coding e della robotica che abbiamo chiamato DotBot.
Sperimenterò questa prima parte durante il corso di cui sarò relatore presso l’IIS Cassato Gattapone (Gubbio): “Apprendimento attivo con Raspberry Pi e Arduino”.

Nel tutorial che segue illustro un schema estremamente semplice per la realizzazione del controllo di DotBot effettuata con Arduino con i relativi sketch di esempio è può essere considerato la base di partenza per ogni sperimentazione basata appunto su Arduino.
Per il pilotaggio dei motori ho utilizzato l’Arduino Motor Schield R3 di cui ho già effettuato un tutorial nei giorni scorsi (Utilizzo dell’Arduino Motor Shields R3) ed è propedeutico a questa lezione.

Più avanti aggiungerò esempi pratici con ulteriori sensori e inoltre mostrerò come far funzionare DotBot come segui linea e utilizzando soluzioni con motorini passo-passo. Vi saranno ulteriori lezioni basate su Raspberry Pi 3 e programmazione in Python e successive approfondimenti sull’uso di ROS (Robot Operating System).

L’intero tutorial sarà basato sulle indicazioni costruttive di DotBot che trovate descritte nell’articolo: DotBot: lo starter kit open source per l’insegnamento del coding e della robotica che ricordo potete stampare in 3D seguendo le indicazioni che trovate nell’articolo.
In ogni caso se non avete stampato DotBot potrete tranquillamente applicarlo al robot che disponete.

Ricordo che la rotazione, senza il controllo dei numeri di giri, dipende dalla carica delle batterie, quindi per ogni test effettuare un controllo ed eventualmente modificare la variabile: “tempoRotazione” che potrete poi tarare mediante la funzione calibrazioneRotazione() che trovate nell’ultimo sketch proposto. La soluzione ottimale per il controllo preciso del robot prevede l’uso di motorini con encoder, che mostrerò in lezioni successive.

Ovviamente anche la soluzione proposta in questo tutorial risulta approssimata (ed anche dettata da un risparmio economico) ricordo che lo scopo è comprenderne il funzionamento del movimento di DotBot, lascio a voi i successivi perfezionamenti.

Potrete sostituire alle batterie che io ho utilizzato, batterie ricarrabili, o pacchi batterie con autonomia maggiore che potrete fissare utilizzando gli appositi fori predisposti sullo chassis

Componenti utilizzati

  • Arduino UNO R3
  • Arduino Motor Shield R3
  • Sensore ad ultrasuoni HC-SR04

Montaggio del circuito

DotBot-Arduino-01

DotBot-Arduino-02

DotBot-Arduino-03

Ribadisco, come già indicato nel tutorial: Utilizzo dell’Arduino Motor Shields R3 che sono state fornite due alimentazioni diverse una per la scheda Arduino ed una per i motori, per effettuare tale operazione è indispensabile effettuare il taglio del “Vi connect

Come evidenziato i due motori sono stati collegati con polarità invertita in quanto per muovere in avanti il robot le due ruote dovranno muoversi in senso opposto.

Negli esempio che seguono verranno di volta aggiunte nuove funzioni, la lista completa è la seguente:

setupDotBot()

Imposta i pin dell’Arduino Motor Shield

driveDotBot([motore], [direzione], [velocità], [brake])

La funzione è da leggersi in questo modo:
driveDotBot pilota il [motore] (0 per A, 1 per B) in senso [direzione] (0 o 1 – orario o antiorario) a velocità [velocità] (tra 0 e 255), [brake] attiva o rilascia blocco motore.
I motori vanno avanti fino a quando non gli verrà detto di fermarsi.

stopDotBot([motore])

ferma il motore [motore] (0 o 1).

rotazioneOraria()

gira il robot di 90° in senso orario

rotazioneAntioraria()

gira il robot di 90° in senso antiorario

distanzaOstacolo()

restituisce la distanza in cm dell’ostacolo rilevato

paragonaDistanze()

verifica la distanza dell’ostacolo che si trova a distanza maggiore dal robot

scegliDirezione();

sceglie la direzione da prendere in funzione della distanza a cui si trova l’ostacolo

La spiegazione del funzionamento d ogni parte del codice è inclusa all’interno dello sketch come commento.

Nota per lo studio:
i 6 sketch proposti variano solo nel loop per la realizzazione delle funzioni richieste, la variazione tra uno sketch e l’altro consiste nell’aggiunta di poche linee di codice, sarà quindi necessario effettuare uno studio preliminare di tutte le parti dello sketch 1.

Continua a leggere

Badge stampati in 3D per certificare le competenze degli studenti

skill_badge

Sto sviluppando da qualche settimana l’uso di badge per iòertificare le competenze tecniche dei miei allievi, una strategia che dovrebbe, nella mia visione, fornire agli studenti un attestato “fisico” (che si vede e si tocca) che va oltre il voto sul libretto e che mostra ad altri studenti, anche non della stessa classe, il raggiungimento di una competenza certificata dal professore. D’altronde non si può mica andare in giro con il libretto dei voti aperto e mostrare che si è bravi, sarebbe più logico appendere allo zainetto un badge che dica che si è professionista in un determinato settore.

Come ho sempre affermato ritengo estremamente importante per uno studente far percepire la “materializzazione” della propria competenza, questa percezione si ha quando viene risolto un problema tecnico: costruzione di un robot, realizzazione di un impianto industriale ecc…
Ma come mostrare anche ad altri la certificazione delle proprie competenze?
Il badge non è altro che uno stemma che riporta un logo che ne rappresenta un’area di competenza e sul retro vi è la mia firma, tutto ciò certifica che uno studente può in piena autonomia, con competenza, con l’imprimatur 😃 del Prof. aiutare un altro studente.

Questo tipo di strategia, migliora l’autostima, offre forte gratificazione, premia certamente le eccellenze ma ha come obiettivo principale quello di creare comportamenti costruttivi che vanno oltre la competizione tra studenti e spinge anche i meno bravi al raggiungimento di una determinata competenza cercando di assumere il più possibile un atteggiamento da sperimentatore nell’azione di studio.

Quali sono i problemi più comuni che riscontro nelle classi:

  • scarsa capacità di lavorare in gruppo
  • visione distorta della competizione (io so tu soccombi)
  • nessuna condivisione del sapere
  • scarsissimo livello di amicizia

Per avere un badge di competenza di qualsiasi genere è indispensabile avere capacità di mediazione e relazione, cioè bisogna essere bravi a spiegare ed avere un atteggiamento costruttivo ed amichevole, in altro modo se conosco un argomento e riesco a spiegarlo allora sono competente.

Ma da dove nasce tutto ciò?

Animo digitalmente da decenni i miei studenti e nella maggior parte dei casi si rivolgono a me per risolvere quesiti tecnici di qualsiasi genere, per fare di questa “consulenze” un’azione didattica costruttiva, cerco, ove possibile, di delegare agli studenti “bravi” a livello tecnologico la risoluzione dei quesiti che mi vengono posti.

Certamente in una stessa classe gli studenti sanno a quale compagno rivolgersi per superare problemi, ma studenti di classi differenti difficilmente sapranno se uno studente della mia classe è bravo in uno specifico argomento tecnico.
Ho quindi pensato di assegnare ai più bravi, quelli che nella mia valutazione superano il 9, un badge da appendere allo zainetto stampato in 3D che ne certifica la competenza nei confronti di altri studenti.

Queste sono le competenze che ho incominciato a certificare con badge:

  • competenze nell’esecuzione di sperimentazioni elettroniche
  • conoscenza approfondita della teoria elettrica/elettronica
  • competenze nel disegno tecnico
  • competenze nell’uso di Arduino
  • competenze nell’uso di RaspberryPi
  • competenze nella stampa 3D
  • competenze nell’uso di Scratch

Nella foto ad inizio articolo alcuni badge utilizzati ed assegnati, potete trovare il sorgente su Thingiverse.

Nei prossimi mesi vi farò avere riscontro dei risultati ottenuti.

Installare l’Arduino IDE 1.6.X su Ubuntu – metodo 2/2

Come promesso di seguito trovate il secondo metodo per l’installazione dell’IDE Arduino 1.6.X su Ubuntu in cui viene mostrato come avviare l’IDEdirettamente dalmen Applicazionidi Ubuntu oppure posizionarelicona di Arduino allinterno del Launcher rendendo ancora pi comodo lavvio dellapplicazione.

Passo 1

Prelevate l’IDE dal sito Arduino, e scompattatelo facendo doppio click sul file e trascinate la cartella all’interno della cartella “Scaricati”:

ubuntu-ide-arduino-01

ubuntu-ide-arduino-02

Passo 2

Spostare la cartella arduino-1.6.5-r5 all’interno del cartella Home mediante il comando da terminale:

mv ?/Scaricati/arduino-1.6.5-r5 .

(non dimenticate il punto finale)

ls -l | grep arduino

Con i seguenti comandi, ls e grep, verifichiamo solamente che vi sia una sola cartella arduino all’interno della cartella Home.

Il comando lsrestituisce l’elenco di file all’interno di una directory con parametro -l produce un elenco esteso, una riga per ogni file, in cui saranno evidenziati: permessi, proprietario, gruppo assegnato, nome, e molto altro (si consulti help di unix).

L’operatore pipe “|” concatena standard output e standard input di piprogrammi, nel nostro caso viene concatenato il comando “ls -l” con l’istruzione “grep arduino” che permette di sapere quante sono le occorrenze della parola “arduino” all’interno della cartella Home.

ubuntu-ide-arduino-07

Nella cartella Home avrete la cartellaarduino-1.6.5-r5

ubuntu-ide-arduino-04

Passo 3 Continua a leggere