Casa del Comune di Calitri (AV)
Racconti brevi di una vacanza calitrana.
Il “confessionale laico” è il nome che riservo ad un luogo che concilia la meditazione: il barbiere.
Dal barbiere si instaurano relazioni, si pratica analisi di gruppo, è Il luogo dove puoi venire a conoscenza di tutto ció che è accaduto che accade e che accadrà in paese; dal barbiere passano tutti, parroco e sindaco compresi. Anche se manchi da un anno, in meno di un’ora, gli avventori, in attesa dell’opera dell’abile e paziente barbiere, mastro Giovanni, sono in grado di informarti su tutto: politica locale, amori, tradimenti ed ovviamente morti e nascite.
Il ticchettio continuo delle forbici e il fruscio delle foglie degli alberi della piazza fanno da mantra, un mantra meridionale, ad esso si aggiungono gli odori di quell’acqua di colonia che tanto mi ricorda mia nonno.
Lo shampoo non è solo una: “lavata di testa”, ma un massaggio che induce alla confessione di qualsiasi cosa, un momento di pace interiore in cui riesco a sopire il cervello pieno di pensieri e voci. Quando l’opera si conclude sul mio non più folto crino gli occhi a fatica si aprono e restano bloccati a metà altezza per qualche minuto, l’attimo di godimento cessa non appena comprendo che l’immagine da ebete che si riflette sullo specchio è la mia, esercitando un’incredibile forza sulla mi volontà mi obbligo ad aprire totalmente gli occhi, ma prima di riprendere totalmente conoscenza un pennello morbidissimo da barba intriso di sapone viene usato per preparare al taglio le basette, ogni carezza sprigiona un soffio sul mio viso al profumo di mentolo e le palpebre si riposizionano a metà altezza. Mentre l’opera dell’abile maestro va avanti in lontananza avverto lo strombazzare dei clacson che fanno da coro al matrimoni che si è appena celebrato nella vicina chiesa… per un’istante un capello mi vien tirato dalle forbici del barbiere, il pizzicore che avverto è la dissonanza che mi fa apprezzare ancor di più il momento, i più yogici direbbero il “quì ed ora”, “vivi l’attimo”, io più semplicemente dico: “godi come un riccio e non pensare ad altro”.
I gesti e il suono del dialetto ha un ritmo sincronizzato con il mio respiro e per un attimo ho l’impressione che tutto ciò che mi circonda è al posto giusto. L’opera si conclude con una delicata spennellata sul viso per far volar via i capelli tagliati che mi solleticano il naso ed una bella spruzzata di borotalco sul collo per sopire il leggero rossore provocato dal taglio con il rasoio. Un sospiro, un leggero stiracchiamento delle gambe, quasi che fosse un risveglio mattutino e poi l’atto dovuto per questa “terapia”, il pagamento a cui volentieri aggiungo una mancia. Esco dalla bottega, la luce intensa mi costringe a proteggermi gli occhi, pochi passi e mentre discendo per giungere in piazza inciampo su uno dei gradini, rialzo gli occhi e lo sguardo si posa su una lapide posta sull’ingresso principale del comune quella del mio trisavolo che con eroica impresa aveva donato la sua vita alla scienza. Un saluto al lontano parente e via… alla ricerca di altri attimi di pace…
…ma quanto è bello il Sud.
Colline calitrane